A cinque anni e tre dischi dal suo ultimo live, Paul Weller torna nella capitale e lo fa in grande stile. Sulla qualità della sua performance molte sono state le conferme ma altrettante le novità. Cominciamo dalle prime. Il Modfather sembra non curarsi minimamente dell'età che avanza e dei molti anni ormai di carriera alle spalle, dimostrando quasi la stessa passione, energia e dinamismo di quando, con i suoi Jam, cominciava a muovere i primi passi verso il successo. Dopo ben trentacinque anni, Weller si diverte ancora come un matto, mettendo tutto se stesso in ogni singolo brano. Che sia proprio questo il segreto dei suoi repentini mutamenti musicali; si percepisce nitidamente che la sua innata predisposizione al cambiamento e al mettersi perennemente in discussione sia un modo per non generare mai inutili "ridondanze", trovando così sempre nuovi stimoli e di conseguenza mantenendo alto come sempre il livello di qualità delle sue esibizioni.
Affrontiamo ora l'elemento "novità". La curiosità per questo concerto era molto forte proprio in virtù delle sue ultime pubblicazioni discografiche. Musicalmente parlando, infatti, si è presentato sul palco un Weller molto diverso dall'ultima esibizione del 2007. Abbandonate le sonorità Soul Pop e Rock di As is Now, il Modfather negli ultimi anni si è gettato totalmente in una trilogia di album sperimentali e avventurosi creati in simbiosi con il coproduttore Simon Dine.
Partendo dal groove onirico misto a folk, jazz e world music di 22 Dreams , attraversando il puro rumorismo urbano con Wake up the Nation e approdando infine all'elettronico Sonik Kicks. Tre album che vantano numerose collaborazioni con i più grandi artisti del momento come Noel Gallagher, Gem Archer, Graham Coxon, Aziz Ibrahim, Wyatt persino Foxton, solo per citarne alcuni.
Le critiche sono state innumerevoli, ma tutte prontamente zittite dai numeri . Il pubblico ha premiato questa coraggiosa scelta facendo raggiungere a queste pubblicazioni il successo commerciale più alto dai tempi di Stanley Road. Ennesima mossa vincente da parte di un artista che tutti danno per finito dal 1991, data che coincide col suo esordio solista.

Unico piccolo rammarico è non aver potuto ascoltare neanche un solo brano degli Style Council, completamente assenti dalla setlist dell'evento.

Ma durante il live, il sound elettronico, affiancato a chitarre spesso distorte da echo/delay e wah nella sperimentazione quasi psichedelica di brani come Green, Drifters, Dragon fly, The Attic, il pop ritmato e sintetizzato di Paper Chase, That Dangerous Age e When Your Garden's Overgrown , il martellante riff aggressivo di Kling I Klang, hanno riscosso forte consenso e gradimento tra il pubblico. Dapprima silenzioso ed attento ma poi totalmente coinvolto nel mood riprodotto; su tutti, i sette minuti il dub penetrante di Study in Blue con tanto di diamonica di sottofondo suonata dallo stesso Weller, pura sperimentazione.
Credo sinceramente che ogni dubbio iniziale sia stato completamente evaso. Dopo un'esecuzione di questo livello la sensazione finale è che Sonik Kicks, per essere pienamente apprezzato, debba essere ascoltato dal vivo, unico contesto in cui un album del genere riesce a sprigionare tutto il suo pieno potenziale.

Serata quindi sopra le righe per Weller &co. peccato per l'Atlantico e tutto il suo staff, assolutamente non all'altezza della situazione. La pessima aplificazione, i continui "fischi" della strumentazione oltre al caldo asfissiante percepito a causa della totale assenza di un adeguato impianto d'aerazione, mettono in forte evidenza l'immagine di una città che riguardo a qualità di "spazi musicali" stenta ancora a decollare.
La speranza è che la prossima location possa ospitare in modo più dignitoso l'unico vero Re d'Inghilterra.
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